LA COLORISTICA FIABESCA DEL VAN GOGH Dl PATTI
 
  Come Van Gogh con la sua Provenza, l’artista di Patti anima la solitudine 
  delle campagne siciliane, allo stesso modo dei siti urbani liguri a lui cari; 
  nella stessa maniera, colora di fantasia oggetti che diventano, cosi, custodi 
  di singolari storie, attraverso la rappresentazione pittorica di personaggi 
  da favole inventate, ad esempio, su un vaso che guadagna, pertanto, il fascino 
  dell’altra dimensione, quella magica di chi, con l’arte, trasfigura 
  la realtà.
  Questo è Ferlazzo, un pittore d’altri tempi, con matite e pennelli, 
  un pittore “d’epoca” in cui il saper disegnare, il saper stendere 
  l’impasto di colore, sprigionato dalle tavolozza, unitamente al gusto 
  dell’equilibrio e dell’armonia, questi ingredienti, insieme, concorrevano 
  a fare di un pittore qualunque, un vero artista. E’ questo Ferlazzo; la 
  rappresentazione di un mondo ideale, vagheggiato come ideale concettuale e morale. 
  In questo, l’artista ricorda Picasso, non intendo dire nel segno pittorico, 
  bensì nella visione della funzione dell’artista che il grande pittore 
  spagnolo aveva: la capacità che occorre avere nel mediare la natura.
IL SUO PARADISO PERDUTO
Un 
  Paradiso perduto, quello evocato dal raffinato pittore naïf Gaetano Ferlazzo 
  (Montagnareale 1918 - Patti 1993).
  Anziché la Provenza del grande Maestro Van Gogh, è la Sicilia 
  (ed anche la Liguria) lo sfondo su cui si muove, per lo più, l’artista 
  di Patti e da cui, di tanto in tanto, si allontana, con gli occhi del sogno, 
  per regalarci una paesaggistica naïve che avrebbe sicuramente accattivato 
  la simpatia del Carrol di “Alice nel paese delle meraviglie” (il 
  Castello di Miramare, a Trieste, Anita Garibaldi a passeggio per le strade di 
  Nervi) paesini abbarbicati alle rocce, come ortiche; proprio questo è 
  il potere seduttivo delle opere di Ferlazzo; comunicarci, con segni iconici, 
  lo stupore del mondo incantato dal fruscio dell’acqua dì un ruscello 
  o di una cascatelle tra case aguzze immerse in campagne ridenti, in cui l’elemento 
  antropico è ridotto all’essenziale. Le opere del pregevole pittore 
  siciliano hanno la stessa tenerezza, lo stesso sapore delle poesie di Palazzeschi; 
  ricordate “Rio Bo”? Allo stesso modo del Poeta, Ferlazzo, con una 
  coloristica accesa ma discreta, osserva, descrive minuziosamente, anima con 
  l’immaginazione le sue scene campestri, intaglia montagne innevate, inventa 
  scene animate da animali anche sui vasi di fiori; con un verismo composto, celebra 
  quel tempo leale e semplice in cui la natura dettava all’uomo calma, serenità 
  e profonde e sagge riflessioni sulla vita.
  Riguardo la tecnica, c’è da dire che il pittore di Montagnareale, 
  nella sua tavolozza mediterranea, ben curava i contrappesi cromatici; inoltre, 
  caratteristica di molte sue opere, è la suddivisione della tela in diversi 
  piani che conferiscono maggiore profondità alle rappresentazioni, come 
  l’adozione di un grandangolo di una macchina fotografica che offro al 
  fruitore un maggiore campo visivo.
L’ARTE PRIMITIVA NAÏVE
L’arte 
  primitiva naive si nutre di fantasia e di poesia: quanta poesia c’è 
  nei vasi di fiori - solitamente rappresentazioni tipicamente femminili - di 
  Gaetano Ferlazzo! quanti colori strappati ad ali di farfalla! quanto movimento, 
  quanta animazione vi è nella scena pittorica dell’artista, pur 
  nel silenzio, nella pace di una campagna antica!
  Nell’opera “Villa con ortensie e paesaggio con signore aristocratiche 
  dell’800” (1973) uno stretto, lungo, serpeggiante sentiero, fiancheggiato 
  da alberi, conduce ad una nobile dimora, una donnina in abiti ottocenteschi 
  cavalca un destriero, un’altra, ombrellino da sole e cuscino-solleva glutei 
  conduce a spasso un levriero.... La favola può iniziare!
SENTIMENTI DI UN’EPOPEA PASSATA
Certamente, 
  impastare colori con i sentimenti di un’epopea ormai passata, non è 
  cosa da poco; trasmettere, oggi, in un mondo che sembra avere dimenticato la 
  parola AMORE, l’amore per la luce, il sole, i colori brillanti dei fiori 
  e della natura tutta, attraverso l’arte, sembra un segno divino. Il segno 
  pittorico di Gaetano Ferlazzo sembra un francescano invito a rifugiarci nel 
  grembo materno della Madre Terra, quella Madre Natura, dove serenità 
  e silenzio regnano sovrane e la poesia dell’arte del pittore di Montagnareale 
  trova vivi fermenti.
  Oggi che Ferlazzo non c’è più, c’è chi, con 
  somma devozione e dedizione, cura l’allestimento delle sue mostre; il 
  figlio, che, attraverso questo suo lodevole impegno, offre al territorio, le 
  tappe storiche e significative di un artista che non deve essere certamente 
  dimenticato.
Maria Teresa Prestigiacomo Galdi
Messina, 28/12/1998 - 12/2/1999